Tuesday, December 25, 2007

La classe operaia va ancora in paradiso

L’ultimo incidente sul lavoro ha fatto si che ci si ricordasse che in Italia c’e’ ancora una classe operaia… Purtroppo solo grazie agli incidenti torna alla mente che nell’Italia infestata dagli ipermercati - autentico paese dei balocchi e delle nebbie create dai mezzi d’informazione di ‘proprietà’ - esistono i salariati: sottospecie umana ormai rimossa da questa nostra civiltà politica che emana leggi per i più forti e non riesce o non vuole far rispettare quelle per i più deboli: isalariati che ancora muoiono per un misero stipendio.
E, come se non bastasse, gli imprenditori (ma molti di questi sono ancora padroni) minacciano di andarsene in Cina, in Birmania o in Thailandia per accrescere i loro profitti che oggi si chiamano ‘dividendi’…
I nostri industriali vogliono trasferire le aziende in posti dove le morti bianche non fanno rumore, dove la gente ha tanta fame ed è costretta a essere sfruttata per un tozzo di pane. Questi posti sono terra di conquista per gli imprenditori.
Manca poco, ormai…
Gli incidenti sul lavoro con le preannunciate morti bianche, le inchieste con carcerazioni giornaliere o al massimo mensili che ne seguiranno (sempre che i tempi lunghi dei processi permettono di processarli) ala fine faranno indispettire i nostri ‘industriosi’…
I presidenti, i soci, i consiglieri d’amministrazione, fino al più piccolo imprenditore padrone avrà uno scatto d’insofferenza per questi riflettori indesiderati e così le multinazionali in cerca lavoro a basso costo avranno un pretesto per abbandonare l’Italia, il Paese dove la Classe Operaia va ancora in paradiso!

Eppure quando parlano, questi ‘industriosi’, sembrano i profeti del benessere, i portatori unici e irrinunciabili della civiltà e del progresso. Questi ‘angeli’ si posano in un luogo malfamato, depresso e preda della barbarie ( a loro dire) e accendono la loro luce, ci portano in dono il loro progresso. E quasi sempre, questo progresso, per dirla con Pier Paolo Pasolini, è un progresso solo economico, a discapito della vera Civiltà, che è fondata dal Progresso umano, culturale, sociale.
Invece è l’innalzamento del tenore di vita economico la sola conseguenza di una zona industriale nel nostro Paese. E’ quasi sempre questo progresso economico è accompagnato dal degrado morale perché per gli sfruttati non vi è mai progresso umano, come non ve ne è per coloro che sfruttano: questi ultimi restano nella sfera della prevaricazione, della barbarie, della cecità, della disumanità, in nome del dio Profitto.
Oggi si muore ancora di lavoro in Italia perché non si rispettano le leggi che fin dai tempi della Grecia antica è alla base del convivere umano. L’uomo non sarà mai libero se non vive nel rispetto delle leggi. E noi siamo un popolo di prigionieri: dell’egoismo, della miopia, dell’insensibilità, dell’indifferenza, del nostro assurdo vizio di eludere le regole.
Solo due ore di sciopero per quelle morti che gridano giustizia. Questa è stata l’indignazione, la rabbia e la sensibilità dei nostri sindacati. Due miserabili ore di sciopero.
I trasportatori hanno messo in ginocchio l’Italia e non era morto nessuno.
Si continuerà a morire: milleseicento morti da incidenti sul lavoro solo quest’anno in Italia sono ancora poche affinchè gli imprenditori grandi e piccoli si possano passare la classica mano sulla coscienza. Sono ancora poche per lo stato che ha il sacro compito di controllare, di prevenire, di multare o bloccare produzioni malate da pericolosità.
Sono ancora poche affinché il progresso economico e quello civile avanzino di pari passo.
Oggi sono distanti. Così come saranno distanti i rumorosi e falsi riflettori dei media tra qualche tempo, quando quei morti saranno dimenticati….

Gert dal Pozzo

Friday, June 08, 2007

2 Giugno: festa della repubblica (?)

Leggo da un’editoriale, direi a suo modo, rivoluzionario. Per il fatto questo che tenta di provocare indignazione e ‘ribellione’, anche se quelle virgolette messe dall’autore nel termine “ribellione” intende una ribellione moderata. Non riesco a intendere una ribellione moderata, se non quelle incruente che gli Stati Uniti hanno finanziato e incoraggiato negli stati ex sovietici come la Georgia e il Kirghizistan. Ma l’Italia non è un paese ex sovietico, non lo è in quanto già filo americano. Anche se di sovietico ha l’elefantiaco apparato statale. Anche se di cinese ha l’età decrepita dei suoi politici. In questo senso l’Italia è un paese comunista. In un altro senso è fascista: ras grandi e piccoli imperversano nelle regioni e nelle province. Addetti alla raccomandazione sono negli apparati di tutti i partiti, che a loro volta mandano i loro galoppini a vivere di un lavoro perfettamente inutile a spese dello stato. Per questo i partiti hanno inventato le comunità montane, le nuove province, gli ambiti territoriali che trattano di materia sociale e di approvvigionamento idrico. L’Italia non è mai stato un paese con la cultura democratica.
Lo si vede dalla scarsissima considerazione degli italiani per tutto ciò che è pubblico.

Una rivoluzione moderata, si diceva. Ma non è moderato certo il modo in cui i padroni dello stato e i suoi accoliti imperversano sulla nostra cosiddetta repubblica. La repubblica dei furbi, dei ladri, dei corrotti, della delinquenza organizzata e connivente con i padroni della repubblica. I quali - presidente della cosiddetta repubblica compreso - si preoccupano del fatto che i nostri calciatori (altra casta di nababbi) non sappiano le parole dell’inno nazionale. Che non vi sia nei cittadini sentimento nazionale, amore per la bandiera, per le istituzioni. Tutto ciò è patetico.
Che le nostre istituzioni non suscitino entusiasmo è un fatto. Ma è un fatto - e per giunta eclatante -la scarsa considerazione che i politici stessi hanno delle istituzioni. Ladri, parassiti e profittatori sono gli abitanti i piani alti dello stato. Sono, i nostri politici e funzionari, una Casta che solo un’azione decisa può distruggere. Senza violenza, perché le violenza farebbe passare questi furfanti per vittime. A proposito di casta, invito a leggere il libro di Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella intitolato appunto ‘La Casta’ edito da Rizzoli.

Leggo da un editoriale, dunque. E non cito il giornale. Non importa. Importa solo che faccia riflettere, come ogni domenica sera fanno riflettere trasmissioni come ‘Report’. Il fatto che ancora non la sopprimano - questa splendida e inquietante trasmissione - dà speranza. Ma per quanto ancora dovremo sopportare questo obbrobrio di classe politica che ha fatto della repubblica qualcosa che non è certo da festeggiare, ma da cambiare, ma non solo nel chiamarla ‘seconda repubblica’: un modo ridicolo per farci credere in un cambiamento che non c’e’ mai stato.

Leggo (finalmente) da un ‘editoriale.

‘Che futuro ha un paese dove la fame di poltrone ha spinto a inventare le comunità montane a livello del mare? Dove il Quirinale spende il quadruplo di Buckingam Palace? Dove una ‘lasagnetta
al ragù bianco e scamorza’ dello chef del senato costa la metà di un piatto di pastasciutta alla mensa dei netturbini? Dove conviene fiscalmente regalare soldi a una formazione di partito anziché a un istituto di carità per i bambini abbandonati? Dove la classe dirigente di un paese sia una classe di intoccabili, pronti a sguazzare negli sprechi e nei privilegi delle istituzioni statali e delle amministrazioni locali?
E’ questa dunque la repubblica da festeggiare? O è da rivoluzionare?, aggiungo io.

‘I nostri politici, a prescindere dal colore della loro casacca di appartenenza, che cambiano con disinvoltura, non rappresentano il nostro paese. Sono vecchi, sia anagraficamente che nel comportamento. Godono di vergognosi privilegi che autoalimentano. Non fanno crescere una nuova classe politica che possa sostituirli e continuano, pervicacemente, come se i loro privilegi siano inalienabili.
A quando un bimbo che dica ‘il re è nudo?’
A quando le donne e i giovani al comando?
A quando poter essere fieri di chi ci guida?

Mezzo milione di italiani vivono di politica, o con la politica integrano in modo sostanziale il loro reddito perché eletti in una delle istituzioni che vanno dal parlamento europeo, alle comunità montane, o perché svolgono incarichi o consulenze per conto di organismi pubblici.
Ogni anno i politici e le loro paghette costano al contribuente, 4 miliardi di euro. Che noi, cittadini comuni, comuni mortali, dobbiamo pagare, rischiando di non arrivare a fine mese. A volte prede degli usurai, molto spesso umiliandoci nel chiedere un prestito a un parente o a un amico. Noi che per un vacanza si deve risparmiare per tutto l’anno, negando un vestito ai nostri bambini, o un giocattolo.
Nel 2005 per le elezioni europee, provinciali e comunali, sono stati elargiti 197.000.000 di euro a ben 81 tra partiti e liste. I contributi ai gruppi parlamentari di camera e senato (corrisposti senza obbligo di rendiconto) sono ammontati a più di 92 milioni di euro…. E udite udite!!! Nelle elezioni del 2005, ben cinque regioni hanno aumentato di 48 il numero dei consiglieri. Dopo le elezioni ben altre sei hanno deciso di aumentarne di 63. Totale: in un anno sono aumentati di 111 unità il numero dei consiglieri regionali. Una vergogna!
Tra il 2003 e il 2005 sono state costituite 35 province, con una base di spesa iniziale (solo ‘iniziale, si badi bene) di 50 milioni di euro.
Con 149.214 quro di indennità fissa annue il parlamentare europeo italiano è il più pagato tra quelli dell’Unione… ma…alt! A questacifra deve essere aggiunta quella dei benefit vari erogati a ciascuno di essi dallo stato italiano. Per cui è ragionevole che essi percepiscono dai 30 ai 35 mila euro mensili!
630 deputati e 321 senatori riscuotono mensilmente 12434 euro e 4000 per per rimborso spese di soggiorno a Roma, con un costo annuo di 188 milioni di euro. Questi nababbi dispongono a Roma, a titolo gratuito, di un ufficio di proprietà delle 2 camere. Vengono a loro rimborsate le spese per le retribuzioni dei loro ‘collaboratori’, quelle per lo svolgimento del mandato elettorale, quelle del di viaggio dal luogo di residenza a Roma, le spese telefoniche degli uffici romani, quelle per viaggi internazionali, dispongono, inoltre, dulcis in fundo, di tessere di libera circolazione nelle ferrovie e nelle autostrade! E ci sono poi le pensioni corrisposte ai parlamentari regionali, nazionali e europei: 154 milioni di euro l’anno….
Questa è una repubblica la cui classe politica è una casta di nababbi e di gaudenti. Parassiti che si alimentano delle tasse dei cittadini. Dei loro sacrifici, del loro lavoro. E nutrono, per autoalimentarsi, altri parassiti che li foraggiano con i voti affinché continuino a ingrassare a spese delle persone oneste.
FACCIAMO DEI PARLAMENTI ODIERNI UN BIVACCO DI MANIPOLI!
Cacciamo i loro sudici e meschini ‘abitanti’ e rifondiamo il vero Stato Democratico.

Gert dal Pozzo