Tuesday, December 23, 2008

Il natale che è, il natale che era

Andò via, dopo aver osservato la notte che notte non era più.
Aveva osservato fiumi di luci fredde, caterve di roba mai vista e strana, un susseguirsi di visi contratti di gente che andava di corsa, rumori di ferraglia, voci volgari, esclamazioni di rabbia. Vide nei parcheggi immensi, automobili immense guidate da autisti arroganti e nervosi.
Andò via, ma volle voltarsi per l'ultima volta, quasi non credeva ai suoi occhi: vide di nuovo quell’abbaglio di colori metallici e colori prodotti da cose prodotte senza amore.
Udì nuovamente pianti di bambini, ringhia di genitori, rumore di casse che s'aprivano e si
chiudevano, voci non umane che richiamavano attenzioni, voci senza anima che scandivano un numero: ‘è il turno del numero 56’…
Natale pensò che quando credevano in Lui era quasi tutto silenzio.
E il 'quasi' erano le scarpe che bucavano la neve fresca nella notte che era notte, il mormorio lieve di un ruscello quasi ghiacciato, e a casa odori caldi e conosciuti, la nonna e la mamma che friggevano i dolci, la fiamma del fuoco che scoppiettava e ti diceva ‘rimani’, le campane della messa di mezzanotte che arrivavano insieme alle voci delle donne che si preparavano per la messa di mezzanotte. E poi le porte che s’ aprivano con le mani lasciando entrare il freddo della notte, e si chiudevano, sempre con le mani, di nuovo, lasciando entrare per un attimo quel freddo che presto ridiventava tepore.
Natale si girò di nuovo verso la Notte.
Alzò gli occhi al cielo e non vide neppure le stelle, soppiantate dalle luci della terra ormai sconvolta.
Pensò di cambiare pianeta, ovvero Cielo.
Gli venne in mente di scegliersi una Stella, dove la gente non era ancora diventata dello stesso materiale inerte di ciò che produceva.

Gert Dal Pozzo