Tuesday, June 02, 2009

Dittature e finte democrazie.

Ho visto il film 'Vincere' di Bellocchio.
Nelle scene c'e' qualcosa di 'The wall' il film musical antinazista dei Pink Floyd dei primi anni '80, così come in alcune simbologie marziali.
Un film che ha lampi di surrealismo. lampi che potevano essere fuochi, se questi fossero stati ancor più accentuati. Il film a tratti è lento, specie nella prima parte, dove le scene erotiche hanno dominato e non era necessario. Tali scene seppure fossero intessuti di allusioni più o meno suggestive - gli occhi vuoti di Mussolini, la loro fissità innaturale, ossessiva, durante l'atto amoroso - sono prolisse. La figura di Ida Dalser e sua eroica eroica testardaggine, nella descrizione di Bellocchio è resa sublime solo dalla superba interpretazione di Giovanna Mezzogiorno. Resta la storia, penosa, da tragedia greca, dove il destino di madre e figlio si compiono allorchè il loro rinnegatore e persecutore diventa prima il politico del momento e poi il padrone d'Italia. Una storia, questa, che è l'espressione, o una delle espressioni del totalitarismo: la cancellazione della vita e delle vite. Documenti spariti e inesistenti. Vite segregate e distrutte, repentinamente, o lentamente e crudelmente, come nel caso di Ida Dalser e Benito Albino Dalser o Mussolini.
Le dittature, sia pure 'leggère' come è definita spesso la dittatura mussoliniana, è pur sempre prevaricazione, impedimento, violenza.
Così come le finte democrazie come la nostra.

Gert

Wednesday, April 08, 2009

Attimi (Ode al dolore)

Attimi. E la tua vita cambia.
Può essere distrutta e può rinascere da tombe di altre vite distrutte.
Attimi.
E la vita che si spegne.
Spesso a poco a poco, aspettando che qualcosa ti sottragga da quella tomba di altre vite già distrutte.
Spesso la tua vita, quella del corpo, continua, dolorosamente, continua. E questo è ancora più doloroso, quando nella tomba è rimasta parte della tua vita, la parte più importante.
E preferivi, anzi, avresti voluto che il tuo corpo, quello che ora ti ha riportato all'inferno, fosse rimasto in quella tomba che gli attimi hanno creato.
Attimi.
E la tua vita che scorreva lenta, senza affanni, persino a volte noiosa, cambia.
La terra che impazzisce, la terra madre che uccide i suoi figli, sussulta, d'improvviso.
Le bastano pochi attimi per uccidere.
Attimi.
E giovani vite trovano il buio, nella luce piena della Vita.
Crollano, insieme alle dimore, i Sogni e le Illusioni.
Attimi.
E ti ritrovi solo nel dolore tutto tuo e degli altri che hanno l'anima intrisa nello stesso dolore.
Attimi.
E niente più vale.

gert dal pozzo

Saturday, March 07, 2009

Confesso di aver letto poco di Erri De Luca. Leggevo i suoi articoli qualche tempo fa sulla prima pagina de 'L'avvenire', il giornale della Cei che mi arrivò a casa in omaggio per un mese a scopo promozione. Mi colpi la sua 'semplicità', la chiarezza e la scorrevolezza dei suoi articoli. Nonché la lucidità e la profondità dei suoi concetti.
Uno scrittore vero, insomma.
E per di più di origini umili. E' stato un lavoratore: un operaio, un camionista, un muratore. E tutto questo, per il mondo letterario italiano è in genere disdicevole: il suo lavoro, le sue opere letterarie sono state definite kitsh dalla critica snob, che in Italia impazza.
Dovevamo aspettarcelo.
L'Italia non è l'America, dove viene giudicata l'opera e non 'altro'.
Scrittori come Heminguay, Francis Scott Fitzgerald, John Fante, per non parlare di Salinger o Bukowski avrebbero trovato sicuramente difficoltà in un Italia dominata dalle amicizie particolari e in genere dalle massonerie economiche, politiche e culturali.

Erri De Luca non è forse del tutto estraneo a questo mondo. E' stato attivista di Lotta Continua in gioventù e ora scrive per il quotidiano 'Il Manifesto'. Un critico ha coniato l'espressione 'dannunzianesimo rosso' per sottolineare il fatto che De Luca sia un prodotto della Sinistra, dalla quale proviene, come D'Annunzio lo fu per il fatto che fosse un prodotto culturale dell'allora Destra liberale e successivamente icona del fascismo.

L'ho sentito parlare, l'ho visto parlare: muove le mani, si agita, la sua voce è viva, passionale, calda: è napoletano e si sente e si vede. E' uno scrittore popolare, e questo ai critici non piace.
E' kitsh, hanno detto.
L'intellighenzia di sinistra, elitaria e sussiegosa, lontanissima dal 'popolare' di cui invece ideologicamente si sentono vicini, usa spesso con dispregio questo termine nei confronti degli scrittori non appartenenti alla loro torre d' avorio, specie se questi sono permeati di una vena di religiosità, come lo è De Luca.

Ho letto tempo fa uno dei suoi libri, 'Tre cavalli': una bella storia, commovente al punto giusto. Una scrittura chiara come acqua di sorgente, che scorre verso la fine abbracciando gli scogli della riflessione, non quelle della scrittura cosiddetta 'alta', con la sua prosa accademica e vuota.
Una storia che dà pensiero: la vita umana che dura quanto quella di tre cavalli. Un invito alla vita, a viverla fino in fondo, senza paure. Appunto: "sento api nel sangue, un orso nel cuore, ogni battito è una zampa che sfascia l’alveare. Mi dà la mano, io so che non gliela lascio più.”

Oggi Erri De Luca è lo scrittore più letto in Italia, terra dove si legge poco.
Il suo ultimo romanzo 'Il giorno prima della felicità' è primo nelle classifiche.
Si parla di scrittura fluida, essenziale, lirica: appunto quella di un narratore vero.

Grazie al maestrocastello, blogger anche egli fluido, essenziale, lirico, che l'ha pubblicato, ho avuto modo di conoscere questa poesia di Erri.

Valore

Considero valore ogni forma di vita, la neve, la fragola, la mosca.

Considero valore il regno minerale, l'assemblea delle stelle.

Considero valore il vino finché dura il pasto, un sorriso involontario, la stanchezza di
chi non si è risparmiato, due vecchi che si amano.

Considero valore quello che domani non varrà più niente e quello che oggi vale
ancora poco.

Considero valore tutte le ferite.

Considero valore risparmiare acqua, riparare un paio di scarpe, tacere in tempo,
accorrere a un grido, chiedere permesso prima di sedersi, provare gratitudine senza
ricordare di che.

Considero valore sapere in una stanza dov'è il nord, qual è il nome del vento che sta
asciugando il bucato.

Considero valore il viaggio del vagabondo, la clausura della monaca, la pazienza del
condannato, qualunque colpa sia.

Considero valore l'uso del verbo amare e l'ipotesi che esista un creatore.

Molti di questi valori non ho conosciuto.

Thursday, February 19, 2009

Il presidente Bisognoso del Consiglio che dice:

mi hanno dipinto come quel dittatore che diceva ai ribelli (!) fuori è una bella giornata, andate a fare un partita di pallone.

Che dire: si commenta da sè, eppure la rabbia e lo sconforto montano. Come ha potuto la nostra nazione - seppur mai stata una grande democrazia, o meglio una democrazia a metà se non di meno - ridursi a avere un presidente del consiglio (perenemente bisognoso lui, dei consigli dell'assennato e fido Gianni Letta) di questo stampo?
Il presidente Bisognoso del Consiglio sembra che racconti una delle sue celeberrime barzellette ogni volta che è costretto a parlare di qualcosa di più serio del solito: qualcosa che riguarda il rispetto altrui, il dolore altrui.
Ennesima gaffe, ennesima pezza da metterci. Scuse ufficiali del nostro povero ambasciatore in Argentina per la barzelletta del Bisognoso del Consiglio raccontata durante un comizio in Sardegna.
Ennesimo 'Ma io non volevo dire questo....'
Con aggiunta di prammaica del tipo 'sono i comunisti che capiscono sempre male, del resto hanno capito male anche come si fa politica in questo paese e adesso lo vogliono far pagare a me che sono il vero democratico, il vero garante della democrazia in questo paese di comunisti che io sto facendo diventare a prezzo di enormi sacrifici - quali per esempio il trascurare le mie aziende -un paese civile. E tutto il mondo lo riconosce, questo, meno i comunisti italiani e quelli argentini rimasti'.
Ironia amara a parte. Come si è potuto?
Televisioni, giornali, case editrici, società pubblicitarie, abilità istrionica da attore consumato, esperienza di venditore, amicizie massoniche, allergie alla magistratura, tendenze alla corruzione, stallieri di Arcore, patrimonio incalcolabile perchè non dichiarato del tutto, non bastano a spiegare come sia arrivato Berlusconi a diventare Presidente bisognoso del Consiglio.
Sia pure di un paese come il nostro che ha sempre avuto la sindrome del Capo, che si chiamasse Benito, o Palmiro, o il nome di un papa, o un re, o Licio...

Gert dal pozzo

Wednesday, February 04, 2009

In Morte Del Fratello Mino

Incontrai Mino Reitano tanti anni fa.
Erano i primi anni 80, e i suoi anni, i 60 e i 70, così diversi da questo decennio, erano appena finiti. Lui era già nelle fresche nostalgie dei trentenni di allora. Io ero quasi ventenne ma qualche anno prima, adolescente, avevo canticchiato in duetto con mia madre che stirava 'Una chitarra cento illusioni'.
E così lo ricodavo perfettamente, seppure lui era stato obliato dalla televisione che iniziava in quegli anni a rampare.
I due pischelli che erano con me non se lo ricordavano, infatti, o meglio non ne avevano in mente la fisionomia da buon amico allegro e sempre disponibile: un compagnone un pò ingenuo e perfino stupidotto, si sarebbe detto. Era questa l'impressione che suscitava, Mino, in questa televisione diventata nel frattempo un horror immmondizia e in cui era voluto tornare o si era lasciato portare per fame o per non cedere all'oblio.
Lo incontrammo a una stazione di servizio, vicino a Rimini.
Era l'81... io diciannovenne e i due pischelli 15 enni...
Lo riconobbi. Stava seduto a un tavolo in disparte. Era solo e mangiava tranquillamente. Sorpreso e folle di entusiasmo lo chiamai forte per nome. La gente guardò me che lo salutavo con la mano. E guardò lui che mi sorrideva, di un sorriso 'forte', e alzò lui stesso il braccio, agitandolo forte...
'Ragazzi' gridai ai due pischelli. 'Quello è Mino Reitano!
"Ma non dire scemenze', rispose uno dei pischelli ridendo e allontanandosi.
"E' lui, è lui, non lo riconoscete?!?'
Non mi sentirono neppure.
No che non potevano riconoscerlo. Da anni il Dio Schermo non lo faceva apparire. Nessuno più lo riconosceva, tranne qualche quaranta-cinquantenne che transitava in quel momento nella stazione di servizio.
Qualcuno sorrise, altri dissero ' si, sembra proprio lui', e si girarono dalla parte delle merci e del bar....
Io solo andai da lui e mi sedetti a lui di fronte, senza neppure chiedergli se potevo sedermi visto che lui mi aveva fatto cenno di avvicninarmi, con quell'entusiasmo un pò bambino.
'Ue, siediti', mi disse con quel largo sorriso pieno di denti.
Parlammo. Mentre lui mangiava i tortellini (i due pischelli erano già fuori, impazienti di ripartire) e rispondeva alle mia domande trafelate... andava a una sarata un in paesino delle Marche. Quello che mi colpì, fu la sua domanda:
'Mi hai riconosciuto subito, vero?', gettata lì, tra una battuta e l'altra.
'Si', gli dissi.
'Quanti anni hai' 'Diciannove'
Rise una volta di più, Mino...
Ero un ragazzo eppure lo avevo riconosciuto.
Già temeva che quegli anni 80 sarebbero stati un dramma.
Pure per lui.

Gert Dal Pozzo