Thursday, February 19, 2009

Il presidente Bisognoso del Consiglio che dice:

mi hanno dipinto come quel dittatore che diceva ai ribelli (!) fuori è una bella giornata, andate a fare un partita di pallone.

Che dire: si commenta da sè, eppure la rabbia e lo sconforto montano. Come ha potuto la nostra nazione - seppur mai stata una grande democrazia, o meglio una democrazia a metà se non di meno - ridursi a avere un presidente del consiglio (perenemente bisognoso lui, dei consigli dell'assennato e fido Gianni Letta) di questo stampo?
Il presidente Bisognoso del Consiglio sembra che racconti una delle sue celeberrime barzellette ogni volta che è costretto a parlare di qualcosa di più serio del solito: qualcosa che riguarda il rispetto altrui, il dolore altrui.
Ennesima gaffe, ennesima pezza da metterci. Scuse ufficiali del nostro povero ambasciatore in Argentina per la barzelletta del Bisognoso del Consiglio raccontata durante un comizio in Sardegna.
Ennesimo 'Ma io non volevo dire questo....'
Con aggiunta di prammaica del tipo 'sono i comunisti che capiscono sempre male, del resto hanno capito male anche come si fa politica in questo paese e adesso lo vogliono far pagare a me che sono il vero democratico, il vero garante della democrazia in questo paese di comunisti che io sto facendo diventare a prezzo di enormi sacrifici - quali per esempio il trascurare le mie aziende -un paese civile. E tutto il mondo lo riconosce, questo, meno i comunisti italiani e quelli argentini rimasti'.
Ironia amara a parte. Come si è potuto?
Televisioni, giornali, case editrici, società pubblicitarie, abilità istrionica da attore consumato, esperienza di venditore, amicizie massoniche, allergie alla magistratura, tendenze alla corruzione, stallieri di Arcore, patrimonio incalcolabile perchè non dichiarato del tutto, non bastano a spiegare come sia arrivato Berlusconi a diventare Presidente bisognoso del Consiglio.
Sia pure di un paese come il nostro che ha sempre avuto la sindrome del Capo, che si chiamasse Benito, o Palmiro, o il nome di un papa, o un re, o Licio...

Gert dal pozzo

Wednesday, February 04, 2009

In Morte Del Fratello Mino

Incontrai Mino Reitano tanti anni fa.
Erano i primi anni 80, e i suoi anni, i 60 e i 70, così diversi da questo decennio, erano appena finiti. Lui era già nelle fresche nostalgie dei trentenni di allora. Io ero quasi ventenne ma qualche anno prima, adolescente, avevo canticchiato in duetto con mia madre che stirava 'Una chitarra cento illusioni'.
E così lo ricodavo perfettamente, seppure lui era stato obliato dalla televisione che iniziava in quegli anni a rampare.
I due pischelli che erano con me non se lo ricordavano, infatti, o meglio non ne avevano in mente la fisionomia da buon amico allegro e sempre disponibile: un compagnone un pò ingenuo e perfino stupidotto, si sarebbe detto. Era questa l'impressione che suscitava, Mino, in questa televisione diventata nel frattempo un horror immmondizia e in cui era voluto tornare o si era lasciato portare per fame o per non cedere all'oblio.
Lo incontrammo a una stazione di servizio, vicino a Rimini.
Era l'81... io diciannovenne e i due pischelli 15 enni...
Lo riconobbi. Stava seduto a un tavolo in disparte. Era solo e mangiava tranquillamente. Sorpreso e folle di entusiasmo lo chiamai forte per nome. La gente guardò me che lo salutavo con la mano. E guardò lui che mi sorrideva, di un sorriso 'forte', e alzò lui stesso il braccio, agitandolo forte...
'Ragazzi' gridai ai due pischelli. 'Quello è Mino Reitano!
"Ma non dire scemenze', rispose uno dei pischelli ridendo e allontanandosi.
"E' lui, è lui, non lo riconoscete?!?'
Non mi sentirono neppure.
No che non potevano riconoscerlo. Da anni il Dio Schermo non lo faceva apparire. Nessuno più lo riconosceva, tranne qualche quaranta-cinquantenne che transitava in quel momento nella stazione di servizio.
Qualcuno sorrise, altri dissero ' si, sembra proprio lui', e si girarono dalla parte delle merci e del bar....
Io solo andai da lui e mi sedetti a lui di fronte, senza neppure chiedergli se potevo sedermi visto che lui mi aveva fatto cenno di avvicninarmi, con quell'entusiasmo un pò bambino.
'Ue, siediti', mi disse con quel largo sorriso pieno di denti.
Parlammo. Mentre lui mangiava i tortellini (i due pischelli erano già fuori, impazienti di ripartire) e rispondeva alle mia domande trafelate... andava a una sarata un in paesino delle Marche. Quello che mi colpì, fu la sua domanda:
'Mi hai riconosciuto subito, vero?', gettata lì, tra una battuta e l'altra.
'Si', gli dissi.
'Quanti anni hai' 'Diciannove'
Rise una volta di più, Mino...
Ero un ragazzo eppure lo avevo riconosciuto.
Già temeva che quegli anni 80 sarebbero stati un dramma.
Pure per lui.

Gert Dal Pozzo